Biosfera – Immagini, forme e ipotesi di Eco-Resistenza
a cura di Francesca di Giorgio
Biosfera /bi·o·sfè·ra/ sostantivo femminile
Involucro esterno alla superficie terrestre (atmosfera, litosfera e idrosfera), nel quale sussistono le condizioni indispensabili alla vita animale e vegetale; per metonimia, l’insieme degli organismi viventi.
Com.stampa : Sabato 7 DICEMBRE dalle 18.00, PRISMA Studio, presenta Biosfera – Immagini forme e Ipotesi di Eco-resistenza
artisti : Francesca Ciri Capra, Eleonora Chiesa, Fumatto, Franca Giovanrosa, Andreas Hagenbach, Mona Lisa Tina, Pietro Nicolaucich, Massimo Palazzi, Ciro Simeone, Alberto Trucco
dal 7 Dicembre al 31 Gennaio 2020
Biosfera illustra secondo la visione di ogni artista invitato le diverse sensibilità etiche ed estetiche verso un tema così urgente come quello della tutela ambientale e della biodiversità. Parte della mostra sarà allestita presso gli spazi di Lino’s & Co, in Vico Indoratori 13r, evento organizzato nell’ambito della seconda edizione di Piazzetta Contemporanea realizzato in collaborazione con le gallerie UnimediaModern e VisionQuest site in Piazza Invrea.
Cosa si intende per Eco-Resistenza? Dalla nascita del movimento ambientalista Greenpeace negli anni ’70 in USA allo sviluppo dei recenti movimenti britannici ed europei Fryday for future o Extintion Rebellion (XR)… È necessario prendere atto che se da una parte, nonostante i richiami della comunità scientifica, l’antropocene è tutt’ora una scena di guerra contro l’ecosistema che ci ospita come specie, dove gli opressori sono proprio gli umani e i loro modelli di sviluppo egemoni con risultati sconcertanti come foreste che bruciano in Amazzonia, isole di plastica negli oceani che continuano a crescere, scorie tossiche nel sottosuolo, allevamenti e culture intensive che scaricano liquami e gas nocivi … È vero anche che dall’altra parte esiste una porzione di umanità che si oppone e “resiste” in prima persona, allo sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali e alla sottomissione sistematica delle altre specie. C’è una parte di umanità che non sottovaluta le conseguenze di ogni singolo gesto o scelta quotidiana che si può fare per avere un minore impatto sull’ambiente. Esiste una parte di umanità che si è resa conto che stiamo pagando a caro prezzo le decisioni derivanti da modelli di sviluppo obsoleti che ci vengono imposti “dall’alto” e che è necessario un cambiamento radicale generale o davvero sarà troppo tardi, siamo ad un punto di non ritorno e forse lo abbiamo già superato.
La terra è casa nostra sì, ma non è solo nostra, è un habitat globale che condividiamo con migliaia di altri viventi terrestri, acquatici e volatili e per tanto ne siamo responsabili, già in troppi (umani e non) hanno pagato care le scelte incaute della nostra specie, basate su paradigmi illogici e spesso contro-producenti. Come si può parlare di sviluppo o di progresso se i risultati includono un peggioramento della qualità del cibo, dell’aria o dell’acqua a noi disponibili fino ad arrivare all’aumento medio dei tumori infantili come leucemia o altre malattie degenerative ? Forse bisognerebbe fermarsi un attimo a ragionare e capire che è necessario fare di meno ma meglio, e che la sovra-produzione capitalistica di beni è solo la chimera di un sistema che è destinato a collassare perchè non in grado di rigenerare da sè risorse sufficienti. Produrre dolore, morte e paura non è solo orribile e ingiusto ma è anche tremendamente dannoso per tutti.
La mostra è stata realizzata anche grazie al sostegno di Ferd&Co Ltd., azienda che commercializza Hydrofaster, dispositivo l’ abbattimento di sostanze inquinanti e il miglioramento efficienza delle prestazioni dei motori.
Biosfera – Immagini, forme e ipotesi di Eco-Resistenza //////////////////////////////////////////////////////////////// Biomi. Zone vitali
di Francesca Di Giorgio
Palestina. Ein Gedi oasi naturale nel pressi del Mare Morto, specchio d’acqua tra Israele e Giordania. Una stazione balneare ormai chiusa al pubblico, un distributore di benzina in evidente stato di abbandono. Il tempo sembra essersi fermato ad Ein Gedi. Qui i sinkholes (le doline), voragini improvvise che si formano quando la roccia sotto la superficie viene dissolta dalle acque sotterranee raccontano di un fenomeno che, dalla fine degli Anni ’80 si manifesta lungo le coste del Mar Morto ed anche sotto la superficie. Poco più di 100 doline nel 1990, secondo il Geological Survey of Israel. Dal 2005 la situazione è precipitata, con un rapido aumento del numero e della dimensione delle voragini. Oggi se contano oltre 6 mila e la numerazione non si arresta. Stabilimenti balneari e spa oggi sono luoghi fantasma congelati nel loro momento di eterna trascuratezza. Anche se molti scienziati sono concordi nell’escludere la possibilità che il Mar Morto scompaia completamente, hanno fissato all’anno 2050 «il punto di non ritorno, il momento in cui diventerà così salato che i minerali impediranno l’evaporazione dell’acqua, lasciando una piccola pozza di melma viscida». A questa inarrestabile scomparsa corrisponde però, per merito dei sinkholes, uno stop all’espansione senza controllo delle costruzioni a scopo turistico: è la natura stessa che si immola per proteggere l’uomo da un fragile equilibrio ecologico. Lo scatto che ritrae questo “scenario” è parte della serie Unlearning Nation di Andreas Hagenbach, artista di origine svizzera che da anni porta avanti una ricerca incentrata sui concetti di dipendenza dalla violenza in questo caso perpetrata ai danni della natura. Tra Israele, Palestina e Giordania il Mar Morto perde un metro di livello ogni anno a causa dei prelievi di minerali e del prosciugamento del Giordano, per l’agricoltura. Il prelievo violento e smodato dell’acqua dal “lago salato” diventa per l’artista una metafora che va oltre la catastrofe ecologica. La scelta di quest’opera come cover story della mostra Biosfera – Immagini, forme e ipotesi di Eco-Resistenza assume quindi un valore e un preciso significato per comprendere le ragioni profonde del progetto, a cura di PRISMA Studio, che coinvolge dieci artisti contemporanei differenti sul piano generazionale così come su quello dei mezzi espressivi utilizzati: dalla fotografia al disegno, dalla scultura al video.Le riflessioni ruotano attorno a temi chiave della nostra contemporaneità alimentate da un terreno comune nutrito da sensibilità personali ed urgenze collettive.
Poco più di dieci opere capaci di insinuarsi nelle logiche di pensiero e di comporre visioni tra il reale e l’onirico, tra il particolare e l’universale. Opere come specchi critici, esercizi di resistenza, di conoscenza e di memoria. Prerogative proprie anche al mondo vegetale. Lo sapeva bene anche il Primo Levi “inedito” naturalista nei suoi racconti “fantabiologici”, come li chiamava Calvino, che parlano di natura, animali, piante da un punto vista non convenzionale, perché «…[Le piante] Sembrano stupide, eppure rubano l’energia al Sole, il carbonio all’aria, i sali alla terra, e crescono per mille anni senza filare né tessere né scannarsi a vicenda come noi…». Agave 1 di Massimo Palazzi nasce dalla medesima fascinazione ed è parte di una serie di studi fotografici il cui soggetto sono delle foglie di agave, riprese sia nella loro situazione naturale sia in studio, come nel caso dell’immagine usata per il collage in mostra. La scelta del soggetto è legata allo stupore per le modalità di crescita delle piante, considerate dall’artista come interessanti paradigmi di scultura, prima ancora che esseri viventi. «Le foglie dell’agave crescono per divisione da un nucleo centrale originario da cui si staccano mantenendo il marchio, l’impressione, delle foglie con le quali sono state a contatto prima di aprirsi nella caratteristica forma della pianta. L’aspetto dinamico dei vegetali e i meccanismi della loro trasformazione, è un qualcosa che sta tra un gusto ingegneristico per la meccanica della trasformazione e un apprezzamento più semplicemente plastico».